Rubrica a cura di Corrado Gnerre
Tra gli strumenti di un cammino vi è la bisaccia, una borsa con cui poter portare il poco necessario; non certo il pasto che i pellegrini chiedevano e chiedono agli ostelli, ma qualche semplice e piccolo boccone per sostenere il passo.
Fuor di metafora, ne Il Cammino dei Tre Sentieri, la “Bisaccia” è un insegnamento della sapienza naturale con cui poter sostenere il passo dell’esistenza e confermare la scelta della bellezza della Verità cattolica.
“Riesce a compiere un’opera soltanto chi valga più di quest’opera.”
(Cesare Pavese)
Per progettare qualcosa occorre che questo qualcosa venga dominato intellettualmente.
L’intelligenza sviluppa concretamente ciò che già contiene in spirito.
Questa è una legge generale: è nella logica della realtà.
Ma c’è anche dell’altro.
Quando l’uomo intraprende qualcosa e la vuole portare a compimento, perché lo fa?
Quando l’uomo desidera che ciò per cui si impegna riesca bene, perché lo desidera?
Perché è consapevole che c’è una grandezza e una bellezza a cui tendere.
Ed è proprio questa tensione che lo fa essere più grande di ciò che produce.
Anche se l’uomo volesse convincersi che è solo “materia”, c’è un’evidenza che lo perseguita, ed è l’evidenza della sua costante grandezza su ciò che pensa, su come agisce e su ciò che produce.
E’ la grandezza della sua anima immortale.
Dio è Verità, Bontà e Bellezza
Il Cammino dei Tre Sentieri
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