LA SOSTA – Ormai siamo al “figlio-fai-da-te”

Il Cammino dei Tre Sentieri: Ormai siamo al “figlio-fai-da-te”: una delle estreme derive dell’individualismo. Dove sono gli anti-individualisti? Solo chi conserva la convinzione dell’esistenza di una verità metafisica può avere ancora la forza e le ragioni per protestare.

Da: lanuovabq.it

Se il femminismo spinto della prima ora, al grido “l’utero è mio e me lo gestisco io”, rivendicava l’aborto come conquista, oggi – che la cosiddetta “interruzione di gravidanza” è ormai ultradigerita – la musica è cambiata e suona così: “Il figlio è mio e me lo faccio da sola”. A raccontare la nuova e dilagante moda della maternità fai-da-te, ci pensa il settimanale “D” di Repubblica, che all’argomento sta dedicando un ampio dossier dal titolo Mammesingle.

La nuova frontiera, dunque, è la maternità senza padre, né compagno, laddove l’esser single rappresenta, ovviamente, una libera scelta di vita. Un bel cambiamento, se si considera che il figlio – agli arbori della rivoluzione sessuale – costituiva una sorta d’impiccio alla realizzazione femminile, mentre oggi è diventato un “diritto” da pretendere ad ogni i costo, letteralmente parlando. Peccato, però, che il figlio non sia un diritto, né tanto meno un capriccio, bensì un dono e che la maternità non sia l’esercizio di un potere individuale, ma il frutto sacro dell’amore tra una donna e un uomo. Appunto. E l’uomo? Colui che un tempo era il nemico da combattere per ottenere la famosa, quanto fumosa “parità”, è diventato oggi – per la nuova donna moderna – una sorta di optional, un accessorio. Peraltro, molto meno utile di una lussuosa borsetta di Hermès.  Ci sarebbe da ridere, se non fosse che a piangere amaro saranno le future generazioni. Ma andiamo con ordine.

Chi sono queste donne, queste nuove mamme single? Il settimanale di Repubblica racconta 11 storie, ma giura che in realtà sono tantissime. In effetti, su questo, bisogna dargli credito: facendo un giro in rete non si faticano a trovare siti, associazioni e network che aggregano donne che hanno scelto di diventare mamme da sole. Negli Stati Uniti, per esempio, le chiamano DIY, ovvero “Do It Yourself” (fallo da sola, ndr); lì, le statistiche dicono che – tra il 2007 e il 2012 – le DIY sono aumentate del 29% e presto saranno la normalità. Anche nel Regno Unito le cosiddette “Solo Mums”, sono in crescita e possono godere di una organizzatissima rete, il Donor Conception Network, che aggrega le “famiglie” con figli concepiti da donazione di sperma, ovuli e embrioni, offrendo il supporto di medici, psicologi ed esperti.

Ma gli esempi si moltiplicano di Paese in Paese. A tutto questo, si deve poi aggiungere la moltitudine di cliniche per la fecondazione assistita, che pubblicizzano in rete il business della maternità-single attraverso l’acquisto di sperma da donatore. Stante che ogni storia è drammaticamente unica, dalle testimonianze e dai dati emersi, si può delineare un profilo tipo di questa mamma-single. Si tratta di una donna sulla quarantina, soddisfatta e affermata nel lavoro, economicamente stabile e indipendente. Una donna di successo, apparentemente, forte e appagata, che possiede tutto tranne una cosa: un figlio. Un figlio che, più avanzano gli anni e la clessidra del tempo si consuma, più viene desiderato con determinazione, come se questa donna lo portasse scritto nelle sue viscere. Un desiderio che diventa un aut aut: ora o mai più.

E’ a questo punto, che questa donna decide di ricorrere alla fecondazione in vitro con sperma di donatore. Del resto – si legge come giudizio nelle svariate testimonianze – che colpa ne ha la donna se non ha trovato “l’uomo giusto”? E poi, che male c’è a desiderare un figlio da amare? Perché privare la donna di questo profondo e viscerale desiderio? Perché impedirle di realizzarlo? Non può forse una donna, amare una nuova vita anche se concepita in modo “non convenzionale”?

E, però, il settimanale femminile, che tanto s’impegna a portare avanti questa nuova battaglia anche in Italia – dove la legge ancora non lo consente – e che vuole spiegarci quanto sia giusto e moderno garantire il “diritto” di avere un figlio da single, tradisce, suo malgrado, una grande verità. Non si accorge che tra le pieghe dei racconti di queste donne, si annida il vero elemento che tutte le accomuna, la vera chiave di lettura di queste vite, dunque di queste scelte.  Il dolore. Il dolore per la mancanza di un compagno con cui condividere la vita, il dolore per non essere state capaci di amare sino in fondo l’uomo che si era scelto (come se poi, fosse un problema di capacità), il dolore per un susseguirsi di relazioni fallite, il dolore per una famiglia tanto desiderata, che pur non prende forma. Un dolore che spesso diviene rancore e poi si trasforma in possesso. Di un figlio, appunto.


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