Se Dio è immutabile, come è possibile che soffra se noi lo abbandoniamo?

Dio è sempre infinitamente felice, quindi Dio non può soffrire. Si tratta di un punto indiscutibile e importante. Infatti, la teologia neomodernista apre la possibilità ad una possibile “sofferenza” di Dio, in quanto ciò sarebbe funzionale ad una concezione nominalistica di Dio, cioè di un Dio concepito solo come volontà piuttosto che come verità. Un Dio che muta è un Dio che darebbe ragione anche ai mutamenti della Storia.

Va però detto che il fatto che Dio non possa soffrire non significa che Dio rimanga indifferente nei confronti di un’anima che pecca e lo abbandona. Bisogna ovviamente evitare una concezione deistica di Dio, cioè di un Dio che non ama le sue creature, di un Dio lontano, di un Dio indifferente. Parabole come quella della pecorella smarrita (Luca 15) o del figliuol prodigo (Luca 15) lo attestano chiaramente.

Certamente siamo in un campo molto misterioso, ma si possono individuare due spiegazioni. Ovviamente si tratta di spiegazioni per analogia. Vediamole.

Spiegazione 1: Quando l’uomo pecca, Dio non viene toccato nella sua sostanza, ma in altro. Si può utilizzare questo esempio. Indossiamo un bel vestito, ma una persona che è vicino a noi incautamente lo macchia facendo schizzare qualcosa. Il nostro corpo non avverte alcun dolore né ne viene ovviamente scalfito, ciò che si deturpa è solo il vestito.

Spiegazione 2: La “sofferenza” di Dio non è nella sua sostanza, ma nella Chiesa con le anime sofferenti. Ovvero Dio “soffre” sì, ma solo nel suo Corpo Mistico che è la Chiesa.


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