Guardando una montagna

Rubrica a cura di Corrado Gnerre


La posizione dello sguardo, il privilegio dell’osservazione, il partire dal vedere e dal constatare è non solo la posizione più ragionevole, ma anche quella più intelligente. La parola “intelligenza” viene dal latino “intus-legit” che significa “leggere dentro”. L’intelligenza, pertanto, implica non una conoscenza superficiale ma una conoscenza dentro la realtà. Appunto: la realtà! L’intelligenza ha bisogno della realtà, non ne può fare a meno. Se la realtà non esistesse, non ci sarebbe modo di poter esercitare l’intelligenza, non ci sarebbe modo di essere intelligenti.


Pascal diceva che una grande montagna è assai debole, mentre un uomo, anche se gracile ed esile, è molto più potente di essa.

La spiegazione è semplice. L’uomo è potente perché sa di essere debole; la montagna è debole perché non sa di essere forte.

Insomma, il motivo sta nell’autocoscienza: il sapere di essere se stessi.

Eppure la montagna impone la sua presenza.

Si staglia altissima.

S’impone in maniera gigantesca.

Ritarda il sorgere del sole o ne anticipa il tramonto.

Ma invita a scalarla.

La montagna ricorda all’uomo che egli è fatto per superare qualsiasi ostacolo, per salire su qualsiasi cima: per non scoraggiarsi dinanzi a qualsiasi prova.

La montagna offre dei sentieri faticosi, in salita ed anche in discesa, ma bellissimi.

La montagna è la bellezza della fatica.

Dio è Verità, Bontà e Bellezza

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