SGUARDO – Guardando un ponte

Rubrica a cura di Corrado Gnerre


La posizione dello sguardo, il privilegio dell’osservazione, il partire dal vedere e dal constatare è non solo la posizione più ragionevole, ma anche quella più intelligente. La parola “intelligenza” viene dal latino “intus-legit” che significa “leggere dentro”. L’intelligenza, pertanto, implica non una conoscenza superficiale ma una conoscenza dentro la realtà. Appunto: la realtà! L’intelligenza ha bisogno della realtà, non ne può fare a meno. Se la realtà non esistesse, non ci sarebbe modo di poter esercitare l’intelligenza, non ci sarebbe modo di essere intelligenti. Ed è la realtà che ci rimanda alla bellezza della Verità Cattolica … perché tutto è cattolico, perché tutto è di Dio!’


Sui ponti spesso si sentono dire frasi retoriche, del tipo: costruiamo ponti piuttosto che muri. Che vuol dire siamo pronti all’accoglienza piutt0sto che alla chiusura. Retorica anche abbastanza antica, se è vero che esiste un proverbio cinese che dice: Purtroppo sono più numerosi gli uomini che costruiscono muri di quelli che costruiscono ponti. E invece -si sa- che in questi casi la verità sta sempre nel mezzo, nel senso che bisogna accogliere sì con generosità, ma quanto si può e sempre con la dovuta prudenza.

Detto ciò, vedere un ponte spinge ad una riflessione importante.

In Così parlò Zarathustra Nietzsche scrive: La grandezza dell’uomo è di essere un ponte e non uno scopo: nell’uomo si può amare che egli sia una transizione e un tramonto. Io amo coloro che non sanno vivere se non tramontando, poiché essi sono una transizione.

Parole, queste, che esprimono bene il pensiero dissolutorio e neopagano del filosofo tedesco. La vita dell’uomo è dentro un’esuberante realtà caotica; e, pertanto, proprio perché l’uomo è definito nel caos, allora la sua vita non può avere uno scopo. Ma non solo la sua vita, il suo stesso essere non può avere uno scopo. E’, insomma, la fine: è l’uomo che smarrisce follemente la sua identità e non sa più chi è.

Invece è proprio quella parola “ponte” che deve essere intesa diversamente.

Quando infatti si guarda un ponte ciò che colpisce è certamente la volontà di aver voluto unire con una costruzione le due rive di un fiume, oppure di aver voluto accorciare un tragitto evitando di scendere e salire per una valle. Ma c’è anche altro. C’è l’evidenza che quel motivo per cui si è costruito il ponte è stato reso possibile costruendo dei solidi pilastri che affondano profondamente nel terreno. Senza questo deciso radicamento, non c’è ponte che possa essere solidamente costruito.

Dunque è dalla consistenza della terra, cioè dalla convinzione che ciò dove siamo posti abbia uno scopo che può essere costruita la realizzazione di un altro scopo, ovvero quello di raggiungere l’altra riva o l’altro monte.

La nostra vita non è un ponte senza uno scopo (che sarebbe puro delirio), bensì un ponte vero che affonda i suoi pilastri sul senso incontrovertibile, ordinato e non caotico della terra reale, di quella terra che ci è stata data in dono e che c’invita a percorrerla affinché ciò che desideriamo si realizzi completamente.

D’altronde, come dice san Tommaso, il Paradiso è …il massimo compimento di ogni umano desiderio.


Dio è Verità, Bontà e Bellezza

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