14 giugno 1837: muore Giacomo Leopardi. Parliamo della sua conversione.

di don Ennio Innocenti (trasmissione radiofonica “Ascolta, si fa sera”)

Qualche tempo fa, parlando da questi microfoni della conversione religiosa di Giacomo Leopardi, diedi conto delle proposte che il recanatese presentò alla Santa Sede quand’egli aveva 27 anni, in vista di una sua desiderata collaborazione apostolica nel campo della cultura.

Ne conclusi che la parentesi di oscuramento religioso è da porsi solo nei dieci anni seguenti. Ma ho ricevuto una garbata contestazione che sottolinea la gravissima crisi spirituale subìta da Leopardi già dieci anni prima, all’età di 18 anni, alla quale il mio interlocutore fa risalire l’incredulità dell’infelice poeta.

Ma allora la proposta apostolica presentata al Papa, di significato esplicitamente antimmanentistico, sarebbe mera ipocrisia? No. E’ vero che all’età di 17-18 anni Giacomo Leopardi quasi sprofondò in una drammatica crisi spirituale, ma questa fu solo di riflesso religiosa. Era invece una crisi di salute: salute fisica gravemente compromessa e salute piscologica: una nevrastenia che appare connessa con una depressione quasi disperata, quasi alle soglie del suicidio. Certo essa ebbe riflessi di coscienza importanti, etici, religiosi, ma la sua natura va diversamente identificata.

I genitori di Leopardi non ebbero adeguata cura di questo loro figliuolo, il quale, dal canto suo, abusò delle proprie forze proprio nel periodo dello sviluppo giovanile, ipotecando negativamente perfino la sua struttura fisica, perfino la sua capacità visiva.

A ciò si aggiunsero dannosi influssi esterni, cocenti delusioni amorose, falliti conati di evasive soluzioni, confronti troppo duri per le proprie responsabilità, mentre egli non si era ancora tolto di dosso l’abito clericale impostogli praticamente alle soglie dell’adolescenza e portato con disagio della propria coscienza.

Di qui la rivalsa dell’odio e di propositi vendicativi ed empi e poi lo scoraggiamento totale documentato da questa lettera del 1819: “Sono così stordito del niente che mi circonda che non so come abbia la forza di prendere la penna. Se in questo momento impazzissi io credo che la mia pazzia sarebbe di seder sempre con gli occhi attoniti, con la bocca aperta, con le mani tra le ginocchia, senza né ridere né piangere, né muovermi altro che per forza, dal luogo dove mi trovassi. Non ho più lena di concepire nessun desiderio, neanche della morte” e via di questo passo.

Ma da questa malattia il Leopardi si riebbe anche moralmente e religiosamente e ce ne sono le prove.

Invece l’oscuramento propriamente religioso va datato dopo il 1827, ma anch’esso fu finalmente vinto e il Leopardi morì con i sacramenti della Chiesa.

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