SOSTA: La metafora del “viaggiatore in fuga” per rifiutare il capitalismo e il comunismo

di Fabio Trevisan (Il Settimanale di Padre Pio, n.8, anno 2018)

“Se un viaggiatore desidera realmente sfuggire al clima freddo delle montagne, la cosa più ovvia cui pensare è di andare a sud, dove troverà una terra più bassa e più calda.”

Nello stimolante saggio: Lo Stato servile pubblicato da Hillaire Belloc (1870-1953) nel 1913, il grande storico cattolico inglese di origini francesi (da parte del padre) ci fa imparare sorridendo che spesso si rischia di cadere di ideologia in ideologia, come si suol dire dalla padella alla brace! Cosa intendeva farci conoscere con questa bella metafora del viaggiatore-proletario alla ricerca di una condizione migliore? Voleva farci capire l’illusione social-comunista. (…) sue testuali parole: “Opponendosi e al contempo permeando la struttura del capitalismo dà luogo ad un terzo fenomeno molto diverso rispetto alle sue aspirazioni, e cioè allo Stato servile.” 

Belloc era perfettamente consapevole che soltanto attraverso lo sviluppo di una sana civiltà cattolica si sarebbe potuto retrocedere da un’istituzione servile, che altrimenti sarebbe stata ampliata o dal capitalismo o dal social-comunismo. Le sue non erano utopie ma erano avallate da un lungo percorso storico che lo Scrittore inglese aveva sottolineato in più di un centinaio di opere. Egli aveva individuato con precisione di fonti  e di dettagli storici l’origine dello Stato servile nell’Inghilterra della Riforma voluta da Enrico VIII, quando i Tudor e i loro alleati aristocratici avevano espropriato i beni dei monasteri e le piccole proprietà di migliaia di agricoltori, rendendoli così schiavi, senza più alcuna indipendenza economica, del dispotismo statuale e favorendo così la proletarizzazione di larghe masse della popolazione. Hillaire Belloc affermava, con dovizia di dati, che: “Entro il 1700 l’Inghilterra era già diventata capitalista: aveva già permesso che un vasto strato della sua popolazione diventasse proletario, e ciò dimostra come sia qui, e non nella cosiddetta rivoluzione industriale, che si devono cercare le cause che hanno condotto alla spaventosa condizione sociale di oggi.” Vent’anni prima, nel 1891, Leone XIII denunciava le medesime cose nella famosa enciclica Rerum Novarum. 

Ritornando alla metafora iniziale del viaggiatore che, immerso in una condizione di schiavitù, cerca di sfuggire dalle morse di un capitalismo brutale, Belloc stigmatizza, come aveva fatto Leone XIII, il falso rimedio del socialismo: “Con questo progetto (socialista) in testa il viaggiatore scopre un fiume che scorre verso sud e dice: ‘Se viaggio su questo fiume raggiungerò la mia meta molto più in fretta.’.” La risposta vera al viaggiatore disperato, come sottolinea Belloc, la dà ancora la Chiesa e dispiace che né l’uno né l’altra siano stati realmente ascoltati. Le conseguenze di questa incapacità di leggere la natura dell’uomo per affidarsi ad altrettante ideologie disumane come il comunismo o il nazismo stanno ora sotto gli occhi di tutti.

(…)

Chi si rivolgeva al viaggiatore in quel modo, prospettandogli una via di fuga che, come il capitalismo, risultava essere altrettanto ideologica, non poneva fine alla disperazione dell’umano e non faceva che progredire lo stato di schiavitù e barbarie.

(…)

Potremmo però, utilizzando ancora le metafore suggestive di Hillaire Belloc, indicare uno sbocco realistico: “Chi si rivolge al viaggiatore non nega né la sincerità del desiderio che costui ha di spingersi a sud né la convinzione dello stesso viaggiatore che il fiume lo porti là; l’unica cosa ad essere negata è la possibilità che il fiume (ideologico) ce lo porti.”

(…)


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