San Tommaso è il filosofo del realismo cristiano per eccellenza.
Il Cristianesimo non può coniugarsi se non con una filosofia di tipo realista, perché è proprio questo tipo di filosofia a condurre verso l’oggettivismo della verità e quindi ad evitare qualsiasi tipo di relativismo della conoscenza e della morale.
San Tommaso dice che tra le singole cose e tra le cose e l’Essere nella sua pienezza (Dio) c’è analogia.
Le cose, derivando tutte dalla stessa origine, possiedono qualcosa di comune che li rende simili. Tale somiglianza è più o meno profonda a seconda che esse appartengano alla stessa specie o no.
San Tommaso utilizza il realismo filosofico per dimostrare l’esistenza di Dio. Egli tiene a precisare che per essere sicuri dell’esistenza di Dio l’unica strada percorribile sia quella di partire dagli effetti alle cause. A riguardo individua cinque vie (del movimento, della causa efficiente, dell’essere necessario, delle perfezioni dell’essere, dell’ordine).
Ma non solo l’esistenza, san Tommaso dice che si possono conoscere con la ragione anche alcune caratteristiche principali di Dio. Prende spunto dalla sua dottrina dell’analogia ed evita due errori opposti, quello di vedere Dio come un uomo (antropomorfismo) e quello di concepire Dio come inconoscibile perché totalmente differente dal creato (agnosticismo). Insomma, l’utilità dell’analogia sta nel fatto che evita il razionalismo (rimane il mistero di Dio), ma evita anche l’impossibilità di utilizzare la ragione nella conoscenza di Dio. Scrive nella Summa Theologiae: “(…) noi non possiamo parlare di Dio se non partendo dalle creature, (…). E così qualunque termine si dice di Dio e delle creature, si dice per il rapporto che le creature hanno con Dio, come a principio o causa, nella quale preesistono in modo eccellente tutte le perfezioni delle cose.”
Ovviamente anche la teoria della conoscenza di san Tommaso risente del realismo. La conoscenza -diceva- non è semplice contatto materiale dei sensi con gli oggetti esterni (come per esempio avevano detto Democrito ed Epicuro), né ricordo di una visione lontana (Platone), non è neppure l’esito di un’intuizione per effetto di un’illuminazione divina (sant’Agostino e san Bonaventura). La conoscenza, invece, si realizza grazie ad un processo astrattivo già individuato da Socrate e sviluppato da Aristotele. Nella conoscenza bisogna distinguere due momenti importanti, la sensazione e l’intellezione. La conoscenza non può essere confusa con la semplice sensazione; ma questa è il presupposto fondamentale di cui si serve l’intelletto per la formazione di una conoscenza universale.
Passiamo all’uomo. Anche qui il realismo. Per san Tommaso l’uomo è un sinolo (unione di materia e forma). Il corpo è la materia, l’anima è la forma. Questa definizione non è nuova, era già stata di Aristotele ed era poi stata recuperata dalla scolastica francescana, ma la dottrina tomistica si scosta tanto da quella aristotelica quanto da quella dei francescani. Aristotele non aveva risolto con chiarezza il problema dell’immortalità dell’anima, san Tommaso invece dimostra di avere le idee chiare. Mentre i francescani avevano insegnato che nell’uomo ci sarebbero varie forme (una per il corpo e un’altra per l’anima) e varie anime, san Tommaso dice invece che c’è una ed una sola anima (l’anima razionale che svolge anche le funzioni dell’anima vegetativa e sensitiva) e una sola forma (l’anima stessa). E così, da una parte, respinge qualsiasi teoria che considerava l’anima come qualcosa di separato dal corpo (per esempio la teoria di Platone); dall’altra, respinge anche la teoria secondo la quale l’anima muoia con il corpo. Nel primo caso ci riesce grazie alla sua concezione dell’anima come atto del corpo. Se l’anima è atto del corpo, vuol dire che essa è legata costitutivamente al corpo stesso. Nel secondo caso, grazie al fatto che concepisce l’anima come atto di essere. Se l’anima è atto, allora deve e può sopravvivere alla morte del corpo.
La filosofia di san Tommaso è rifiutata e profondamente criticata da quella contemporanea per un semplice motivo: perché è realista. Perciò un grande tomista contemporaneo come Marcel de Corte (1905-1994) ha scritto: “L’idealismo antirealista, di cui muore l’intelligenza moderna, è senza dubbio il più grande peccato dello spirito.(…) ‘Eritis sicut dii’ è il motto di queste filosofie sataniche. (…) lo scopo ultimo della filosofia postmoderna non è di costruire l’uomo, ma di dissolverlo. (…). In questo nostro tempo e strano mondo, dire che il bianco è bianco, e che il nero è nero, è un atto che suscita la disapprovazione, se non l’ira, dei nostri contemporanei, e che pone l’autore al bando della società…impossibile ottenere l’attenzione degli uomini del nostro tempo, se non si volta la schiena al vero, al bello, al buono.”
Dio è Verità, Bontà e Bellezza
Il Cammino dei Tre Sentieri
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