SOSTA – L’inversione liturgica: dalla centralità di Dio alla centralità dell’uomo

Ormai lo dicono apertamente anche i più convinti sostenitori della riforma liturgica: il cambio della Messa è stato funzionale ad un nuovo modo d’intendere il Cristianesimo e il rapporto dell’uomo con Dio. Il cardinale Arthur Roche, in una trasmissione della BBC, ha recentemente affermato: Sapete, la teologia della Chiesa è cambiata. Mentre prima il sacerdote rappresentava, a distanza, tutto il popolo – era incanalato, per così dire, attraverso questa persona che era l’unica a celebrare la Messa – ora non è solo il sacerdote a celebrare la liturgia, ma anche coloro che sono battezzati con lui. È un’affermazione molto forte”.

Ma precisamente perché tutto questo è avvenuto? Leggiamo da un articolo di Orio Nardi pubblicato su “Presenza Divina” del Giugno 2023:

Il libro-intervista a padre Rinaldo Falsini (edizione Ancora, anno 2005) consente di cogliere il fondo ispiratore della svolta liturgica postconciliare: il passaggio dall’adorazione all’umanesimo, da Dio all’Uomo. Falsini afferma: “Credo che molti non abbiano compreso a fondo le linee del Concilio, la sua svolta innovatrice. Non hanno capito che era una vera e propria svolta epocale.” Svolta epocale? Quindi la Chiesa avrebbe sbagliato in diciannove secoli di tradizione liturgica? La liturgia preconciliare evidenziava la priorità di Dio, chiaramente affermata fino a San Pio X, al Gueranger, a Pio XII nell’encilica Mediator Dei, e anche da Ratzinger nel volume Lo spirito della liturgia. (…). Il disegno modernista non appare in tutta la sua evidenza, ma è come un albero che mantiene il fogliame in apparenza rigoglioso mentre la linfa è intossicata. In esso si verifica in radice quanto scrive l’Apostolo ai cristiani di Tessalonica: “Bisogna che venga la defezione e che si manifesti l’uomo dell’empietà, il figlio della perdizione, l’avversario che si innalza al di sopra di ogni essere che viene chiamato Dio ed è oggetto di venerazione, fino ad assidersi nel tempio di Dio proclamando di essere lui stesso.” (Tessalonicesi 2,3s). Non ha forse la profezia di Paolo una verifica visibile nel celebrante rivolto verso il popolo, spesso con l’Eucaristia alle spalle, se il tabernacolo non è confinato lontano dagli occhi? Il centro non è più Cristo Signore, ma l’uomo suo ministro e la comunità che lo circonda riunita alla sua mensa.


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